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Banchieri parlatevi

di Carlo Bastasin

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8 ottobre 2008

Durante la crisi del '29, gli espressionisti ritraevano i banchieri con la tuba e i lunghi canini mentre addentavano carne umana o lucidavano cannoni. Oggi i banchieri – salvo poche e sfortunate eccezioni – sono invisibili. È ora invece che i fantasmi si tolgano il lenzuolo, è sufficiente che i cinque più importanti banchieri europei si riuniscano e mettano le loro doppie coppie sul tavolo. Fate vedere le carte, dimostrate di potervi fidare l'uno dell'altro, e ricominciate a prestarvi il denaro almeno tra di voi. Da questo semplice passo nella trasparenza potrà riprendere a funzionare il mercato monetario e finanziario e probabilmente la parte europea di questa crisi cataclismatica si risolverà come un puro riflesso della sfiducia il cui contagio ha attraversato l'Atlantico.

C'è molta facile retorica dietro il ritornello dell'Europa che non c'è. Dopo la riunione dell'Ecofin di ieri si può dire invece che la risposta pubblica europea, pur caotica e incompleta, è abbastanza coerente. La situazione resta difficile, ma è rassicurante l'aumento a 50mila euro della garanzia pubblica sui depositi bancari. Con la garanzia fino a 100mila euro, vigente in molti Paesi, il 98% dei risparmiatori europei non deve temere perdite sui propri conti. La fiducia dei cittadini è stata assicurata nel senso letterale del termine. Non ci saranno code agli sportelli per ritirare i denari. Quello che manca ancora è la fiducia tra le banche che evitano di scambiarsi fondi rendendo più rischiosa l'attività di credito. In un incontro oggi a Roma con il ministro Tremonti e il direttore generale di Bankitalia Saccomanni, anche i banchieri italiani potrebbero chiarire le ragioni della loro ritirata dal mercato. In fondo i Governi europei hanno dichiarato, sia isolatamente sia insieme, che non lasceranno fallire nessuna grande istituzione finanziaria. Sono stati fissati dei criteri comuni per evitare collassi che potrebbero avere effetti sistemici. Anche se non tutti sono d'accordo sulla generale ricapitalizzazione dell'intero sistema da parte degli Stati, tutti condividono che ai singoli casi critici provvederà l'intervento pubblico, agevolato da un'applicazione moderata dei regolamenti comunitari sugli aiuti di Stato.

Ciononostante il mercato monetario e finanziario europeo è praticamente scomparso. Ieri, spiega un banchiere centrale, la Bce ha offerto alle banche una delle consuete operazioni di finanziamento, la cui quantità normale sarebbe stata di circa 40 miliardi di euro, ma le banche hanno chiesto ben 250 miliardi al tasso del 4,60%. Di questi è prevedibile che almeno 200 tornino a essere depositati dalle stesse banche presso la Bce che li remunera al 4,25%. Un affare in perdita secca che va avanti da mesi: l'incertezza delle banche le costringe a finanziarsi in eccesso all'unica finestra ancora funzionante per garantire di avere risorse disponibili in caso di una crisi di fiducia.
Naturalmente la fiducia tra le banche, necessaria a riavviare il mercato, si basa sulla credibilità dell'impegno degli Stati nel loro salvataggio. La consapevolezza della crisi è testimoniata dalla mobilitazione pubblica dei Governi della Ue. A memoria infatti non si ricorda che fosse mai stato preso un impegno pubblico a non far fallire alcuna banca. Per essere credibile questo impegno deve però poter ricapitalizzare almeno le grandi banche. Se si dovesse triplicare il capitale delle maggiori banche italiane per esempio bisognerebbe disporre di risorse pari ad alcuni punti di Pil, sotto forma di azioni privilegiate a buon rendimento da ricollocare una volta che il mercato fosse stabilizzato. Non un impegno improbo, tale da non essere credibile. Senza tale impegno, i titoli delle banche calerebbero aggravando lo squilibrio della leva finanziaria.

Il mercato interbancario tuttavia ha natura non nazionale ma europea e così pure il bilancio delle grandi banche. Quando c'è una mela marcia nel mercato, ne può marcire un'altra anche se di nazionalità diversa, perché il paniere è lo stesso. L'operazione di garanzia degli Stati deve dunque avvenire in modo coordinato in tutta Europa. Per questo era molto condivisibile l'iniziativa italiana a favore del Fondo comune di garanzia, e la proposta di Gros e Micossi sul collocamento di obbligazioni da parte di un'agenzia europea, come la Bei, con aggiunte garanzie governative.
Ma senza un po' di coraggio – chiamiamola assunzione di responsabilità – da parte dei banchieri tutto ciò sarà comunque inutile. Il mercato monetario continuerà a rimanere deserto, frenando anche il credito all'economia. Un proverbio tedesco recita che il primo asparago che spunta viene decapitato, e il silenzio dei banchieri ricorda l'inutile strategia dell'asparago: restare nell'oscurità e farsi mozzare il capo silenziosamente, l'uno dopo l'altro. Se esiste un'associazione bancaria europea è ora che si dia da fare, convochi i maggiori banchieri e li porti a dichiarare, con prove trasparenti, di potersi fidare l'uno dell'altro. Parafrasando l'invito a tacere di Tremonti agli economisti, è l'ora di intimare: “banchieri non tacete!".

carlo.bastasin@ilsole24ore.com

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